IL SANGUE VERDE di Andrea Segre (ZaLab - 2010)

La voce dei braccianti africani che hanno manifestato a Rosarno

contro lo sfruttamento e la discriminazione.

7 volti, 7 storie e un'unica dignità.

Gennaio 2010, Rosarno, Calabria. Le manifestazioni di rabbia degli immigrati mettono a nudo le condizioni di degrado e ingiustizia in cui vivono quotidianamente migliaia di braccianti africani, sfruttati da un'economia fortemente influenzata dal potere mafioso della 'Ndrangheta. Per un momento l'Italia si accorge di loro, ne ha paura, reagisce con violenza, e in poche ore Rosarno viene "sgomberata" e il problema "risolto". Ma i volti e le storie dei protagonisti degli scontri di Rosarno dicono che non è così. Scovarle e dare loro voce è oggi forse l'unica via per restituire al Paese la propria memoria: quella di quei di giorni di violenza e quella del proprio recente quanto rimosso passato di miseria rurale.
Prodotto da ZaLab in coproduzione con Aeternam Films con la collaborazione diRAI3 - Doc3 JoleFilm e la partecipazione di AAMOD con il patrocinio di Amnesty International- sezione italiana vai a credits completi

giovedì 2 giugno 2011

Proiezione de "Il sangue verde" a Ponte di Nona

riceviamo e pubblichiamo con piacere la segnalazione ricevuta da Chiara, un'insegnante che ha organizzato una proiezione de "Il sangue verde" a Ponte di Nona, quartiere-banlieue ai margini di Roma dov'è stato girato un altro documentario di Andrea Segre, "Magari le cose cambiano".

Roma, 2-6-2011 Ieri c'è stata la proiezione de "Il sangue verde" nella mia scuola (IC Ponte di Nona Vecchio- Lunghezza) a cui è intervenuto Abraham Yabré. Non c'erano molti ragazzi: abbiamo dovuto spostare ad un mercoledi, invece del solito giovedi, e il mercoledi i ragazzi in genere fanno delle attività il pomeriggio. Comunque penso che i semi che si gettano non vanno perduti e che gli otto presenti ieri condivideranno ad altri quello che hanno visto ed ascoltato.
E' stato molto importante che ci fosse Abraham: il fatto di trovarsi di fronte una persona in carne ed ossa che ha vissuto ciò che era raccontato nel documentario sicuramente incide sulla vita dei ragazzi. Erano un po' intimiditi, ma sono uscite fuori delle domande importanti: "L'Africa è povera?", "Perchè non hai cercato lavoro come commesso?", "Perchè andavate a lavorare a Rosarno conoscendo le condizioni?", "Perchè sono stati cacciati solo gli africani?"... Quest'ultima domanda l'ha fatta Elias, figlio di marocchini... Degli otto ragazzi due sono figli di rumeni, uno di marocchini e uno di un egiziano... E per loro è stato sconvolgente sentire che un africano non viene preso a lavorare in un bar a causa della sua pelle: avresti dovuto vedere le facce. Il fatto è che all'interno delle classi sono abituati a stare tutti insieme e certe distinzioni non le vedono proprio. A 12-13 anni sono ancora preservati dalla mentalità corrente, ancora sono capaci di guardare con occhi senza troppi pregiudizi. Certo si inizia a sentire l'influenza dei genitori e degli adulti per cui ho sentito qualche volta volare parole come "Rumeno de merda!" o "I rumeni sono tutti delinquenti". Quando però dico loro: "E' vero: anche Boris è un delinquente", riferendomi ad un loro compagno, mi guardano meravigliati come se mi stessi sbagliando: non avevano pensato che anche Boris viene dalla Romania.
Ti racconto un episodio avvenuto in una scuola elementare di Torre Angela, borgata in cui vivo. Un congolese ha fatto un progetto di danze con i bambini e un giorno si parlava dell' "uomo nero", figura usata dai genitori per spaventare i bambini. La maestra ha detto: "Allora anche Clovis è l'uomo nero!". I bambini l'hanno guardata sorpresi e hanno iniziato a sostenere che Clovis è bianco (e tu assicuro che è proprio nero): ci avrebbero messo la mano sul fuoco.

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