Due giovanissimi studenti del mio corso di Diritto dei migranti hanno, infine, deciso di inviarmi alcune riflessioni sul film-documentario Il sangue verde.
La proiezione è avvenuta l'11 ottobre, aula H3 (Facoltà di Scienze politiche, Corso di laurea in Scienze del servizio sociale, ed ha costituito, a tutti gli effetti, la prima lezione del corso di Diritto dei migranti.
Una studentessa, qualche settimana dopo, mi ha detto: Professorè, ho parlato dei fatti di Rosarno con una mia cugina che vive proprio a Rosarno. E lei mi ha detto che il tutto è cominciato solo perchè un extracomunitario aveva orinato in uno spazio pubblico".
Un'altra mi ha riferito le reazioni di suo padre ai fatti di Rosarno:
" Meno male. Se i neri vanno via, allora tuo cugino può andare a raccogliere lui le arance e guadagnarsi qualcosa".
Hanno pensato, hanno riflettuto, si sono messi in discussione. Ora hanno qualche strumento concettuale e visivo in più per "discutere"
all'interno delle loro famiglie. Poco ancora, ma tanto rispetto a prima.
Donatella Loprieno
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"l’idea del sangue verde è sempre esistita"
In Calabria, precisamente a Rosarno nel gennaio 2010, gli immigrati africani scendono in strada per manifestare contro coloro che li sfruttano, li minacciano, li fanno vivere in condizioni terribili o addirittura li uccidono. Gli immigrati di Rosarno hanno paura, qualcuno non ha il coraggio di manifestare, perché il solo rumore dei petardi gli riporta alla mente la guerra da cui sono fuggiti. E’ questa una parte di ciò che mostra il film “Il sangue verde” di Segre Andrea. Ma il film cerca di dare voce ai braccianti i quali raccontano delle 12-14 ore di lavoro a raccogliere arance, anche sotto la pioggia dalla quale non riescono a ripararsi perché l’acqua entra nelle maniche degli impermeabili; descrivono i posti dove vivono: senza luce, senza acqua corrente, senza riscaldamento, luoghi in cui nemmeno gli animali potrebbero vivere; raccontano della paura di denunciare gli imprenditori per cui lavorano perché temono ripercussioni da parte di questi e temono anche di essere espulsi e raccontano anche di non essere soccorsi se hanno un infortunio durante l’orario di lavoro.
“Nessuno ha il sangue verde”dice uno dei migranti, ”abbiamo tutti il sangue rosso”. Ma l’idea del sangue verde è sempre esistita, è sempre esistita infatti l’esclusione. Alcuni esempi di esclusione li troviamo anche all’interno della cultura cristiana: Adamo ed Eva vengono esclusi dall’Eden perché avevano peccato, esclusi quindi dalla possibilità di vivere nella felicità e un altro esempio è quello di Caino e Abele, Caino uccide il fratello Abele perché escluso dalla benevolenza di dio. Ed è proprio questo che va avanti nel corso della storia: gli uomini per poter vivere devono uccidere ciò che loro non sono e ciò che loro non hanno. Questo processo va di pari passo con la capacità dell’uomo di eliminare l’altro senza ricorrere all’uccisione vera e propria. Esclusione ed integrazione possono essere considerate le due facce di una stessa medaglia: l’esclusione allontana ed elimina chi è diverso e l’integrazione è semplicemente il modo con cui si cerca di mantenere un’integrità rispetto all’escluso.
Vi sono diversi mezzi per appropriarsi dell’altro: uno è quello di ridurre l’individuo da escludere a semplice corpo, visto che non può essere ucciso si riduce a semplice cosa , così da uccidere la sua “anima” pur mantenendo un corpo da utilizzare e sfruttare; l’altro è quello di convincere l’individuo da escludere di avere qualche colpa, così da farlo diventare prigioniero della colpa e di chi lo vuole manovrare.
Nel corso del tempo questi processi di esclusione ed inclusione sono cambiati; nella Rivoluzione francese la dichiarazione di uguaglianza tra tutti gli uomini viene utilizzata come mezzo per allontanare il diverso e per controllare le masse. Purtroppo però non si sceglie dove nascere e quelli considerati “altri” pagano le conseguenze della loro sorte; quando questi si trovano davanti individui che hanno il potere e che non hanno bisogno di loro, non possono chiedere nessun diritto.
Nel corso della storia vi sono stati eventi prima di esclusione e poi di eliminazione totale di un popolo; quello che ha avuto maggiore risonanza è stato il genocidio degli ebrei considerati razza inferiore. Ed è questa un’altra idea che si fa avanti nel mondo moderno: TU, CHE VIENI DA UN ALTRO PAESE, CHE HAI UN’ALTRA CULTURA, CHE HAI UN ALTRO COLORE DI PELLE, APPARTIENI AD UNA RAZZA INFERIORE E PER QUESTO DEVI ESSERE ESCLUSO DALLA “NORMALITA’ ”, MA SE VUOI INSERIRTI IN QUESTA NORMALITA’ DEVI INTEGRARTI, RINNEGARE, CIOE’, QUELLO CHE SEI, RINNEGARE LA TUA CULTURA, RINNEGARE LA TUA LINGUA E RINNEGARE LA TUA RELIGIONE E FORSE ALLA FINE HAI LA POSSIBILITA’ DI CHIEDERE DIRITTI.
Ma i diritti dell’uomo non dovrebbero essere garantiti a quest’ultimo proprio perché uomo senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica e di condizioni personali e sociali?
Carolina Cosentino
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Riflessioni sul documentario: il sangue verde
Questo documentario pone l’attenzione su diverse realtà locali d’Italia, tra cui Rosarno, Castel Volturno ed alcuni paesi della Puglia e della Sicilia.
“Il sangue verde” ci consente di riflettere sulle condizioni lavorative degli immigrati nel nostro Paese, su come il governo vuole arginare il fenomeno delle immigrazioni clandestine cioè nascondendo il vero problema, espellendoli o trattenendoli nel loro paese, per esempio, attraverso il famoso trattato tra l’Italia e la Libia.
Fin quando queste persone non hanno avuto il coraggio e la forza di ribellarsi a condizioni di vita “bestiali”, la gente comune conosceva il fenomeno come le era stato presentato dalla politica e dai mass media che inducevano nella popolazione, la paura verso il “diverso”, così come ancora oggi accade.
L’indifferenza, il guardare nelle proprie case è stato fino a quel momento comportamento generale anche se, come sempre accade, c’è l’eccezione, la persona che empaticamente si mette nella prospettiva dell’”altro” e non dimentica il passato del nostro Paese e soprattutto della nostra regione; un passato di migranti e braccianti.
Ciò che mi ha fortemente colpito è che uno dei protagonisti del documentario definisce Castel Volturno come un luogo molto simile ad alcuni paesi africani. Questa affermazione è molto significativa perché il Sud d’Italia, così come tutti i “sud” del mondo, hanno una forte similitudine. Ma in che cosa? Nella povertà, nella miseria, nel paesaggio aspro e forte, ma anche uguale e simile per mentalità e stereotipi. Laddove il Paese viene tenuto, per volontà politica, al di sotto delle sue potenzialità, lasciato nell’ ignoranza e nell’ indifferenza da parte del potere, ecco che si affianca un’ organizzazione subalterna allo Stato che sottomette il popolo ad un potere illegittimo.
Come è possibile pensare che si possa lavorare nei campi per 12-18 ore al giorno in maniera indecente, senza mangiare, senza potersi riposare in luoghi idonei, schiavizzati, privati della loro identità, discriminati e ridotti alla mercé totale dei “padroni” per meno di 25 Euro al giorno?
Tutto ha una spiegazione, anche i fatti di Rosarno ce l’hanno.
Ho avuto la possibilità di vedere luoghi che mi ricordavano molto il mio Sud, nell’aria c’erano gli stessi profumi, anche alcune tradizioni avevano un filo conduttore con le nostre; sono stato in Turchia ed in Tunisia, certo da turista, ma ho scoperto come è piccolo il mondo, c’è sempre un nord rispetto ad un sud, ed un sud rispetto ad un nord.
Danilo Spadafora
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