Un pomeriggio di qualche giorno fa in via Dante (centro città di Milano) ho risposto sbrigativamente, con un gesto di stizza, a un ragazzo di colore che voleva vendermi qualcosa (libri, immagino). Avevo le mie ragioni, temevo d'aver perso il portafogli. Ma mi ha colpito la naturalezza e l'incredulità bonaria con cui lui ha reagito: "Eh, ma non vuoi parlare con me?". Per fortuna poi ho ritrovato il portafoglio, e quella stessa sera ho visto un film al Mexico di Milano, il cinema che è (quasi sempre) una garanzia. Era "Il Sangue Verde", premiato a Venezia e che ho perso quando l'hanno trasmesso su RAI3 che lo coproduce. Ero felicissimo di vederlo su grande schermo, in una serata organizzata da La Terra Trema, gruppo di riflessione e azione sui temi dell'alimentazione, agricoltura e allevamento sostenibili.
Il film mi ha fatto ripensare al ragazzo del pomeriggio e vergognare d'essere italiano e forse anche di essere umano. Il regista Andrea Segre racconta con umanità i fatti di Rosarno di qualche mese fa. Il punto di vista è quello della manodopera, ragazzi di colore intelligenti ma che parlano inglese o francese e non italiano (si sa, capita).
Il film incrocia sapientemente la loro storia e la cronaca con i problemi delle terre di Calabria che li hanno ospitati e respinti. Strappate al latifondo per darle al lavoro di piccoli agricoltori con le lotte degli anni '50 sono state poi espropriate dai soldi arrivati con lo "sviluppo" e le autostrade (i costruttori di strade avevano soldi mai visti prima). Aggiungiamo a questo l'emigrazione e l'uso distorto degli aiuti CEE. Fino ad oggi, giorno in cui la 'ndrangheta tratta questi ragazzi che raccolgono le arance come nuovi schiavi nell'indifferenza della popolazione e con l'insulto del nostro inetto governo (è sì che fan le lampade e vanno alle Maldive per sembrare più belli e negri, o no?).
Quello che il film dice è che la globalizzazione ci mette di fronte a problemi di incomunicabilità che qualcuno sfrutta, e forse sta nascendo un razzismo DOP italiano.
Per la prima volta avevo davanti a me 2 nuovi italiani che chiedevano solo dignità in quanto braccianti e zappatori. Era sconfortante sentir dire cose tipo "Non è giusto che veniamo maltrattati perché facciamo un lavoro duro che nessun altro vuole fare fare, ma è anche necessario. Noi lavoriamo, stiamo facendo il bene dell'Italia. E se ci pagano solo 25 euro al giorno non vale neanche la pena di lavorare... e non possiamo mandare i soldi alla nostra famiglia" (capivi che l'aspirational televisivo permette al tonto di giudicare questa gente inferiore e proiettare su di loro la vergogna della povertà con cui le TV berluscone hanno innaffiato l'Italia. E continuavano i ragazzi: "Io in Africa non ho mai dormito per terra e senza riscaldamento". E il tonto neorazzista italiano giustifica il razzismo facendo proprio il vecchio luogo comune che in Africa vivono ancora sugli alberi). Ma altro che jungla: molti di questi ragazzi scappano dalla guerra (postcolonialista): per esempio quando la madre di un ragazzo presente al cinema gli ha detto "Hanno già ucciso tuo padre e tuo fratello... Col carattere impulsivo che hai puoi fare una sola cosa, per la mia tranquillità: andartene". E lui è finito a Rosarno.
Raccontavano che se pioveva durante il raccolto delle arance, i calabresi "istintivamante" facevano smettere di lavorare e chiamavano sotto i ripari gli altri bianchi: bulgari, polacchi, romeni ma lasciavano i neri nei campi a raccogliere arance e mandarini, con l'acqua che entrava negli impermeabili nella stagione già inclemente. Come se i negri fossero più resistenti. Resistenti anche all'ignoranza, effettivamente quando commentano mezzi serafici e mezzi rassegnati: "Ok la solidarietà della pelle (quasi giustificandola, NdR) ma non è giusta questa solidarietà della pelle. Stavamo lavorando!".
Per fortuna c'era anche qualcosa di positivo e con la pelle bianca in quella serata: ad esempio la testimonianza di un uomo piemontese, un laureato che si è messo da qualche anno a fare formaggi di capra (zona Canelli). Sarebbe andato il giorno dopo a Bruxelles per chiedere all'Unione Europea che i finanziamenti all'agricoltura aiutino soprattutto le piccole medie aziende con il vincolo di mettere in regola gli immigrati.
Quest'uomo, Fabrizio, ha fatto nascere in me che sia nato un razzismo tutto italiano. Fabrizio faceva notare come l'ignoranza in quest'era di benessere prende nuove e impreviste forme: il razzismo coincide con il declassamento della donna a oggetto sessuale e con l'omofobia. Cancellare la diversità per arroccarsi nell'ignoranza e vivere di rimpianto per quei pochi anni che restano da vivere. L'Italia é marcia delle sue paranoie, dei suoi limiti che diventano vendetta e indifferenza contro i nuovi poveri? Sì certo, se marcio o terribilmente complicato non fosse il mondo, con tutte queste guerre in queste ex colonie dell'Occidente, e scappare non è più impossibile come un tempo. E quando la Signora Merkel dice che il multiculturalismo è un fallimento, ci indichi un percorso alternativo all'ascolto e all'integrazione. Piani B non ne vedo.
A fine spettacolo sono andato a ringraziare personalmente i 2 ragazzi presenti alla proiezione che venivano dal paradiso di Rosarno. Ero contento di non trovarmi davanti a un venditore di oggetti inutili ma a 2 persone emozionate, 2 gran bei ragazzi, 2 cittadini che mi chiedevano - e m'insegnavano - umanità.
di RADIO PAVLOV
http://radiopavlov.blogspot.com/2010/10/cosa-raccogliamo-insieme-alle-arance.html
IL SANGUE VERDE di Andrea Segre (ZaLab - 2010)
La voce dei braccianti africani che hanno manifestato a Rosarno
contro lo sfruttamento e la discriminazione.
7 volti, 7 storie e un'unica dignità.
Gennaio 2010, Rosarno, Calabria. Le manifestazioni di rabbia degli immigrati mettono a nudo le condizioni di degrado e ingiustizia in cui vivono quotidianamente migliaia di braccianti africani, sfruttati da un'economia fortemente influenzata dal potere mafioso della 'Ndrangheta. Per un momento l'Italia si accorge di loro, ne ha paura, reagisce con violenza, e in poche ore Rosarno viene "sgomberata" e il problema "risolto". Ma i volti e le storie dei protagonisti degli scontri di Rosarno dicono che non è così. Scovarle e dare loro voce è oggi forse l'unica via per restituire al Paese la propria memoria: quella di quei di giorni di violenza e quella del proprio recente quanto rimosso passato di miseria rurale.
Prodotto da ZaLab in coproduzione con Aeternam Films con la collaborazione diRAI3 - Doc3 JoleFilm e la partecipazione di AAMOD con il patrocinio di Amnesty International- sezione italiana vai a credits completi
Prodotto da ZaLab in coproduzione con Aeternam Films con la collaborazione diRAI3 - Doc3 JoleFilm e la partecipazione di AAMOD con il patrocinio di Amnesty International- sezione italiana vai a credits completi
sabato 24 ottobre 2009
Cosa raccogliamo insieme alle arance
Etichette:
"cinema mexico",
"il sangue verde",
milano
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